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La coscienza dell’inconscio
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Descrizione
Nuovi orizzonti di ricerca 2016
Danilo Tittarelli e Aldo Natale Terrin
La coscienza dell’inconscio
L’interesse per l’inconscio è forzato dalle segnalazioni
di molti mondi scientifici in fermento: le neuroscienze,
che ammettono che circa il 98% delle nostre sensazioni sono inconsce; l’epistemologia trascendentale
della coscienza passiva dell’ultimo Husserl, che trova
sempre più riscontri; la querelle freudiana con Jung, le
considerazioni sull’inconscio di Jacques Lacan. Proprio
quest’ultimo sostiene: “L’inconscio, innanzitutto, ci si manifesta come qualcosa che resta in attesa nell’area,
direi, del non-nato” (Seminario. Libro XI, p. 24). In che
senso l’inconscio freudiano differisca sostanzialmente
“dall’inconscio romantico della creazione immaginante” di Jung è ancora un capitolo aperto. L’inconscio
è termine che si accorda con altri analoghi come la
Chora greca rivisitata da Jacques Derrida, o come la
sintesi passiva dell’ultimo Husserl rilanciata in senso
freudiano da Paul Ricoeur, o come la zona sommersa
rilevata dai cognitivisti, con accentuazioni oscillanti e
talvolta conflittuali.
In questo quadro si muove la proposta di Nuovi Orizzonti di Ricerca 2016 a Camaldoli con due grosse
provocazioni. Una legata alla dimensione mistica nella
versione di Michel De Certeau; l’altra più strettamente
psichiatrica si interrogano su questo piano inclinato.
Per Lacan non ci sarebbe stato Freud senza Cartesio.
L’emergenza del soggetto, che sente in azione qualcosa prima del pensiero certo, invoca un approfondimento sulla “coscienza dell’inconscio”.
Lo storico De Certeau ha condiviso questa impostazione lacaniana e l’ha applicata alla mistica, che può essere affrontata solo “dalle cucine” perché la sua voce
ci parla da altro luogo. È la perdita della memoria da
parte della modernità che ha indotto De Certeau a
misurarsi con questo “quartiere sospetto” e con il desiderio di un altrove. La mistica infatti è al contempo sintomo di una ferita per la perdita dell’orizzonte e per la
sovraesposizione di un soggetto cartesiano inadeguato. “È mistico, si legge in conclusione di Fabula mistica, colui o
colei che non può fermare il cammino e che, con la certezza di
ciò che gli/le manca, sa di ogni luogo e di ogni soggetto che
non è questo, che qui non si può risiedere né accontentarsi di
quello. Il desiderio crea un eccesso. Eccede, passa e perde i
luoghi. Fa andare più lontano, altrove”.
Che cos’è questo altrove? E questo inconscio che informa il
pensare prima del pensiero esplicito?
Nel mito di Chora il mondo antico aveva già identificato questo
spazio bastardo, chiamato da Platone nel Timeo “terzo genere” (48e), né sensibile né intelligibile, difficile e oscuro (49a).
È un “ragionamento bastardo” (loghismo noto), “che non è in
terra, né in qualche luogo in cielo, non è nulla” (52b). Esso si
colloca nel movimento della sua genesi, è un moto del pensiero
che sta per diventare pensiero esplicito. Il racconto mitico è
l’espressione del pensiero che conserva la traccia della sua
genesi onirica, persa in qualche luogo, appunto nella Chora.
Essa sembra ciò che si tiene al di qua del suo nome. Derrida
commenta che Chora è il tema del cominciamento. Da dove
comincia il mondo che viene al pensiero? “Dobbiamo ritornare
verso una pre-origine, che ci priva di questa assicurazione e
richiede nello stesso tempo un discorso filosofico impuro, minac-
ciato, bastardo, ibrido”. Prima delle idee chiare e distinte vi è la
zona anomala, che si rileva solo col ragionamento bastardo,
col racconto mitico, dal momento che non è accessibile la chiarità dell’inizio e “non si ricomincerà mai dall’inizio”. È questo il
mondo dell’inconscio con tutte le sue narrazioni da Freud alle
neuroscienze, che non si lascia catturare e però preme sulla coscienza di ciascuno in modo violento, maleducato, cinico fino
allo sgomento della mente che vacilla e talvolta implode. Dov’è
il bel mondo delle misure, delle cure riabilitative, delle terapie
risanatrici? Oltre un secolo di psicoterapie e di strategie psichiatriche ci hanno riconsegnato un inconscio oscuro, inesplorabile,
spadroneggiante. Forse non del sesso siamo parassiti, come
sosteneva Dawkins; è più probabile che siamo in balia dell’inconscio, ricordando però che l’uomo ha saputo anche abitare
quella regione oscura con la religione e la mistica, senza tentare di addomesticare la notte nera col ragionamento chiaro, ma
affidandosi al vuoto della Chora simile alla Kenosi evangelica
con la libertà della fede.
In antico si sosteneva: “Non capire tutto, molto resta nell’ombra”.
Contenuto:
1. Presentazione (Roberto Tagliaferri)
2-3. Visibile e invisibile nell’esperienza schizofrenica (Danilo Tittarelli)
4-5. L’inconscio mistico e il ragionamento bastardo (Aldo Natale Terrin)
6. Tavola rotonda